Lavorazione della ceramica in Basilicata. Souvenir, regali e ricordi della Basilicata.
In base ad alcuni reperti è possibile affermare che la lavorazione della ceramiche era praticata presso la città di Venosa sin dal IX-VIII secolo a.C. Sono state scoperte resti di antiche fornaci datate al VII secolo a.C. presso la Chiesa della Santissima Trinità, tali reperti confermano la remota origine della lavorazione della ceramica nel territorio di Venosa, oggi uno dei pochi luoghi dove ancora viene lavorata. Un cronista del 1700 afferma che nella città di Venosa si trovavano calzolai, speziali, sarti, pittori, sellari, calzolai e in maggior misura vasellari.
Oggi nella città è presente un’unica fornace nell’antica zona che conserva ancora l’aspetto e la tradizione originaria delle fonaci, tra cui rilevanti sono le grotte utilizzate per le varie fasi di realizzazione dei prodotti. Verso i primi anni dello scorso secolo tutti i vasari che appartenevano alla famiglia Duino, La Torre o Mele, producevano in un giorno 150 piatti, 700 lucerne e 150 orciuoli. Lavello, poco distante da Venosa, era conosciuta come una terra di uomini che lavoravano boccali e piatti con la terra bianca e colorata, con piombo e stagno, per i contadini dei paesi vicini con i quali instauravano rapporti commerciali.
Tali affermazioni provengono da un antico documento che da attestazioni di artigiani e ceramisti del 1800. In seguito al periodo classico ellenistico, la produzione ceramica della città di Melfi ebbe influenze da altre popolazioni, nel periodo romani infatti si attesta una predilezione per il tema rurale, notevoli furono anche le influenze da parte delle culture orientali nelle fasi di dominazione bizantina e longobarda. Nella fase Alto Medievale sembra quasi che si perdano sempre più le tradizioni locali, causa di ingenti calamità, ma si ristabiliscono con la nomina della città a capitale del Mezzogiorno con l’arrivo degli Svevi.
Nonostante le difficoltà che il meridione incontrò nelle varie vicissitudini storiche la tradizione dei vasari non venne mai in secondo piano, anche se non fu mai più raggiunto l’apice del periodo greco. Sempre nel 1700, presso la parrocchia di San Nicola, era presenta una ingente produzione di terrecotte come mattoni, embrici, pitarre, vasi e tutto ciò che serviva nel quotidiano. Numerosi erano anche gli artigiani, produttori di maiolica, che provenivano da altri luoghi, che molto spesso compravano i famosi biscotti di Melfi, manufatti di prima cottura, successivamente smaltati e cotti una seconda volta.
Verso gli ultimi anni del VI secolo, ad Armento, si diffusero numerose scuole di ceramisti allo stesso livello delle scuole pugliesi e greche, poiché era qui diffusa una tecnica ceramica molto originale. Numerosi sono i vasi riportati alla luce e conservati nei musei più importanti di tutta l’Europa come il Museo di Vienna, l’Ermitage, il Louvre o il British Museum. Presso il museo di Monaco per molto tempo venne esposta la corno di Critonio, del IV secolo a.C., ritrovata ad Armento, era stata realizzata interamente a mano in oro quasi puro realizzando lamine sottili, successivamente tirate in filiera e posizionate su di una canna d’oro, di forma circolare con 9 centimetri di diametro, sui quali furono applicati dei fiori, rami, fronde e figure alate. Anche la città di Calvello è molto famosa per la lavorazione della ceramica, le sue origini ancor oggi sono ignote ma è certo che sin dal 1500 ebbe un notevole successo in tutto il bacino del mediterraneo.
Oggi, grazie alla presenza della cava, è possibile assistere alla realizzazione di oggetti di ogni tipologia. In particolare la creta era lavorata in laboratori a conduzione familiare, infatti solitamente i padri e i figli eseguivano il primo processo di lavorazione della materia prima mentre le donne si occupavano della preparazione dei diversi componeti naturali, pestandoli nei mortai, per la decorazione locale dell’uccello di Calvello. Note sono le famiglie Vitacca, ancor oggi in attività, Nenonno, Aquila, Mazziotta, Piducchi, Mangiacreta e Titta Pastore, inoltre è ancora possibile visitare la zona in cui venivano realizzati i manufatti. Possiamo trovare pregiati manufatti anche a Montenurro che si distingue per la produzione di maioliche. In particolare in questa zona era realizzato uno smalto che veniva venduto nei maggiori centri della Basilicata, questo smalto era realizzato da una cristallina ricavata da una cava di sabbia marina che assieme all’ossido di stagno e all’ossido di piombo dava la possibilità di avere un’ottima realizzazione di piastrelle per rivestimenti e pavimenti.
Numerose furono le fabbriche che rimasero aperte fino al 1857, anno in cui fu il devastante terremoto che rase al cuolo la maggior parte del paese e costrinse le fornaci alla chiusura. Un ulteriore scuola di ceramica la ritroviamo anche ad Anzi, le prime testimonianza risalgono ai primi anni del 1800 con la scoperta dei resti di una necropoli datata tra il IV e il III secolo a.C., presso il torrente Camastra. In questa necropoli furono portate alla luce numerosi bronzi e ceramiche di pregevole qualità. Da menzionare è anche la città di Roccanova che, anche se molto lontana dalla costa ionica, fu notevolmente influenzata dalla corrente greca. La città di Matera, famosa per le sue chiese rupestri è ritenuta la patria degli artigiani che dipingono e modellano a pano i famosi e divertenti fischietti. Questi sono realizzati in terracotta a forma di animali, come galli o colombe per rievocare le antiche abitudini rurali della vita contadina.
In base agli studi svolti dal Servizio Tecnico dell’Ente Nazionale per L’Artigianato e le piccole industrie, precisamente nel 1968, è possibile affermare con certezza che presso il borgo della Martella un tempo sorgeva un laboratorio di ceramica di Mira e Cascella, che producevano manufatti di tipo unicamente artistico. In seguito questo laboratorio passò nelle mani da un tale Gaudiano che, non essendo in grado di proporre sul mercato le realizzazioni artistiche, decise di orientare la sua produzione verso un mercato più con la realizzazione di bomboniere in argilla bianca e portacenere. Inoltre, tra il 1968 e il 1970, sempre Gaudiano ampliò l’azienda grazie alla produzione di oggetti in plastica di nuovi modelli in ceramica, ma senza riscontri rilevanti.
Tre chilometri distante da Matera, presso la città di Serra Alto sono state rinvenute ceramiche di notevole qualità, risultato dell’applicazione di varie tecniche. Gli oggetti portati alla luce sono caratterizzati da una ceramica finemente levigata e pareti molto sottili che hanno favorito anche la realizzazione di tazze, coppe, bicchieri e fiaschi. Presso il consorzio di Altobello Persio, dove oggi possiamo trovare il maggior numero di artigiani della città di Matera e della provincia, ha lo scopo di raggruppare tutti i prodotti dell’artigianato artistico al fine di rilanciare il settore che per questa zona ha sempre rappresentato un’identità culturale di grande valore e che per il futuro potrebbe essere uno straordinario strumento per la diffusione della cultura e dell’arte della provincia di Matera.
La produzione della città di Grottole è molto differente da quella del materano mirata soprattutto alla realizzazione di prodotti utili per le attività quotidiane come vasellami, pignatte colorati o realizzati con il piombo bruciato. Verso gli anni ’40 era presente una notevole diffusione dell’arte artigiana che spesso veniva tramandata di padre in figlio. Gli artigiani disponevano di laboratori posti in grotte a valle dove, in condizioni climatiche particolarmente favorevoli, esponevano al sole le loro realizzazioni per farle asciugare e successivamente cuocerli. Nei laboratori erano presenti pochi utensili poiché la riuscita dei prodotti dipendeva esclusivamente dall’abilità dell’artigiano che utilizzava un unico attrezzo, un tornio rudimentale caratterizzato da due ingenti ruote di legno collocate su di un asse verticale piantato nel terreno.